Nel cuore della notte, tra ombre d’alberi antichi,
Il vento canta un’aria di nostalgie remote,
Ricordando il Loto e il suo Oriente perduto,
Il mistero che cala dal cielo in dolci note.

“La Mare nostrum” — così scriveva Loti —
“È l’Oriente che porto nel mio petto,
Il mare che culla la mia patria muta,
E dove giace il mio cuore in un segreto”.

India, terra di parole sacre e antiche fiamme,
Dove il sole si disseta di miti e preghiere,
È un enigma che sfida ogni logica e nome,
Un sogno che fugge oltre le frontiere.

Pierre Loti, nel suo eterno pellegrinaggio,
Ha incontrato splendore e dolente bellezza,
Ma il suo sguardo restò sempre straniero,
Nella luce dorata, tra lacrime e carezza.

Scrisse dell’India, ma non la comprese mai,
Rimase un viaggiatore nell’ombra del Gange,
Dove ogni passo lo allontanava dal senso,
Perduto nel richiamo di un mistero che langue.

E oggi, ancora, quel mistero ci chiama,
E noi seguiamo la sua voce nella sabbia del tempo,
Come Loti, cercando ciò che non si svela,
Tra i riflessi d’Oriente e il silenzio del vento.

“La Mare nostrum” — una frase che resiste,
Un invito al viaggio, alla sete d’infinito,
A seguire il Loto nel cuore del suo cammino,
Dove forse si cela il volto dell’uomo smarrito.