L’India, un tempo una nazione indipendente, è stata sottoposta a colonizzazione europea a partire dal XVI secolo, soprattutto da parte di Gran Bretagna e Francia. Questo lungo periodo di dominazione ha profondamente influenzato la cultura, l’economia e il paesaggio dell’India. Una delle conseguenze più evidenti è stata l’influenza del colonialismo sul viaggio e il racconto di viaggio in India.
Un autore francese che ha documentato questa influenza è Pierre Loti, uno scrittore e viaggiatore del XIX secolo. Loti è noto per aver scritto numerosi romanzi e racconti di viaggio che descrivono le sue esperienze in varie parti del mondo, tra cui l’India. Nel suo libro “Pagoda e paludi” (1877), Loti descrive il suo viaggio attraverso l’India e il suo incontro con la cultura e la vita indiana.
Il colonialismo ha avuto un impatto significativo sulla modalità di viaggio di Loti in India. All’epoca, l’India era un territorio coloniale e la maggior parte delle persone bianche che viaggiavano attraverso il paese facevano parte della classe privilegiata coloniale. Loti era uno di questi viaggiatori, e il suo viaggio era in parte finanziato dalla Marina francese, dove aveva servito come ufficiale. Questo fatto ha permesso a Loti di esplorare l’India in maniera relativamente sicura e comoda, visitando le principali città e monumenti del paese.
Tuttavia, la colonizzazione ha anche influenzato la maniera in cui Loti ha descritto l’India e i suoi abitanti. Alcuni critici sostengono che Loti ha avuto un atteggiamento coloniale superioritario nei suoi scritti su India, descrivendo le culture locali come primitiva e barbara in confronto alla cultura europea. Ad esempio, Loti descrive la società indiana come “caotica” e “ignorante” in “Pagoda e paludi”.
Inoltre, il colonialismo ha influenzato il racconto di viaggio di Loti in India attraverso la sua influenza sulla rappresentazione dei viaggiatori bianchi come eroi e avventurieri. Nel suo libro, Loti descrive i suoi viaggi attraverso l’India come una serie di avventure esotiche e romantiche, in cui egli si confronta con le difficoltà e i pericoli del viaggio.
Questa rappresentazione è stata influenzata dal discorso coloniale dominante dell’epoca, che vedeva l’Oriente come un luogo misterioso, arretrato e affascinante, da esplorare e “svelare” attraverso lo sguardo occidentale. Loti, come altri autori europei del XIX secolo, si pone implicitamente in una posizione di superiorità culturale, assumendo il ruolo di osservatore privilegiato che interpreta e racconta l’India secondo le categorie estetiche e ideologiche occidentali.
L’esotismo che permea la sua narrazione non è solo una scelta stilistica, ma riflette una precisa costruzione culturale: l’India non è descritta come una realtà autonoma e complessa, ma come uno sfondo pittoresco per l’esperienza personale del viaggiatore europeo. Così, il viaggio di Loti diventa un atto di appropriazione simbolica del territorio colonizzato, in cui il paesaggio, le persone e le tradizioni locali vengono ridotti a oggetti di contemplazione o di fascino nostalgico.
In questo modo, la dimensione del viaggio assume un doppio significato: da un lato è una ricerca individuale e poetica, dall’altro è intrinsecamente legata alla logica del potere coloniale, che giustifica la presenza dell’Occidente nei territori conquistati attraverso la narrazione di un’avventura civilizzatrice e spirituale.