**Riflessione poetica: L’infinito tra Oriente e Occidente**

*« Ebbi una impressione di una dolcezza infinita, come non ne ho mai provate. »*

Così scrive Pierre Loti ne *Il matrimonio di Loti*, immerso nell’atmosfera di *Azay-le-Rideau*, ma queste parole potrebbero benissimo echeggiare tra i templi dell’India, dove l’hinduismo danza con l’infinito in un abbraccio di colori e riti.

L’hinduismo, come un fiume sacro, scorre tra i versi di Loti, tracciando ponti tra Oriente e Occidente. Non è solo una fede, ma una sinfonia di emozioni, dove Brahma, Vishnu e Shiva si intrecciano con il Dio cristiano, in un dialogo eterno tra il *Maya* e la *Grazia*. L’India di Loti è un labirinto di sensazioni, dove la spiritualità non è un dogma, ma un respiro che si fonde con l’universo.

Eppure, nel cristianesimo di *Azay-le-Rideau*, c’è una quiete diversa, un’eternità che si svolge in una cappella gotica, tra le preghiere di una fanciulla. Qui, l’infinito è una promessa, un cielo aperto su una terra di silenzi. Mentre in India, è un turbine di vita, un *Dharma* che si rinnova in ogni reincarnazione.

Forse, come suggerisce Loti, l’anima umana cerca sempre quell’*impressione di una dolcezza infinita*, sia che la trovi tra i canti dei *sadhu* o nell’ombra di una cattedrale. In entrambi i casi, l’infinito è una preghiera senza fine, un viaggio che non ha confini.
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