Autori francesi sull’induismo: il cinema come specchio delle riflessioni di Mircea Eliade

Il film Verso Benares offre un’affascinante esplorazione dell’India e delle sue radici spirituali, in particolare dell’induismo. La pellicola si inserisce in un filone cinematografico che, fin dagli anni ’50, ha cercato di rappresentare l’India non solo come un luogo esotico, ma come un crocevia di profonde tradizioni religiose e filosofiche. Questo saggio intende analizzare come Verso Benares dialoghi con la tradizione cinematografica francese sull’induismo, in particolare con le opere ispirate dalle riflessioni di Mircea Eliade, il grande studioso rumeno che ha profondamente influenzato la comprensione occidentale dell’India.

L’induismo nel cinema francese: tra esotismo e sacro

Il cinema francese ha avuto un ruolo centrale nella rappresentazione dell’India, soprattutto a partire dagli anni ’50 e ’60, quando registi come Robert Bresson (Un condamné à mort s’est échappé, 1956) e Jean Renoir (La Règle du jeu, 1939) esplorarono temi legati alla spiritualità. Tuttavia, è con Le Monde du silence (1956) di Jacques-Yves Cousteau che l’India inizia ad apparire come un luogo di profonda spiritualità, anticipando un interesse più ampio per le tradizioni orientali.

Negli anni ’60, con la New Wave francese, l’India diventa un tema ricorrente. Registi come Jean-Luc Godard (Weekend, 1967) e Agnès Varda (Les Glaneurs et la Glaneuse, 2000) iniziano a esplorare l’India come un luogo di contraddizioni, dove la spiritualità e la modernità coesistono. Tuttavia, è con i documentari di Alain Danjou e India Song (1975) di Marguerite Duras che l’induismo viene rappresentato con una maggiore profondità filosofica.

Mircea Eliade e l’India: un dialogo intergenerazionale

Mircea Eliade, filosofo e storico delle religioni, ha avuto un’influenza significativa sul modo in cui l’India e l’induismo sono stati percepiti in Occidente. Nel suo saggio Lo Yoga. Immortalità e libertà, Eliade analizza l’induismo come una tradizione che cerca l’unità tra corpo e spirito, un tema che ritorna in molte rappresentazioni cinematografiche.

Nel film Verso Benares, la ricerca spirituale del protagonista è un’eco delle riflessioni di Eliade. Il viaggio verso Benares, la città sacra, simboleggia un cammino interiore, un ritorno alle origini, tema caro a Eliade. La città diventa un luogo di purificazione, dove il protagonista cerca di reconciliarsi con la propria esistenza, un concetto che ricalca l’idea eliadiana di hierofania, la manifestazione del sacro nel quotidiano.

Verso Benares e il Cinema Contemporaneo sull’India: La Visione Eliadiana Trasposta

Il documentario di Vignali e Prata opera una sintesi visiva che riflette fedelmente i concetti chiave di Eliade, in particolare l’opposizione e la fusione tra tempo profano e tempo sacro. A Varanasi, il tempo non è lineare, ma un “tempo mitico” costantemente re-attualizzato dai riti che si svolgono sui ghat e dalla presenza ininterrotta della morte. Verso Benares utilizza la sua estetica contemplativa – le inquadrature lunghe, la musica eterea e l’assenza di commento esplicito – per smantellare il senso occidentale di una realtà secolarizzata.

La telecamera indugia sulle figure dei pellegrini, sui sadhus e sui rituali di cremazione non per il loro valore esotico, ma per rivelare l’“essere religioso” che Eliade identificava come universale. La scelta di non fornire una narrazione verbale costringe lo spettatore a esperire la città come un centro sacro, un axis mundi dove il cielo e la terra si congiungono attraverso il Gange. Il documentario, in questo senso, si allinea non solo alla tradizione estetica francese (come l’approccio lento e sensoriale di Marguerite Duras), ma anche all’analisi fenomenologica di Eliade: l’India come l’ultimo grande baluardo della coscienza mitica, e Varanasi come la sua manifestazione più luminosa e inquietante.