Benares, conosciuta anche come Varanasi, è una delle città più antiche del mondo ancora abitate. Situata sulla sponda orientale del sacro fiume Gange, nel cuore dell’Uttar Pradesh, Benares è considerata il centro spirituale dell’India. Le sue rive, ornate da ghats che scendono dolcemente verso le acque, sono quotidianamente teatro di riti millenari: abluzioni, cremazioni, preghiere, offerte. In questo paesaggio denso di simboli e di fuoco sacro, molti viaggiatori occidentali hanno cercato di cogliere l’essenza della spiritualità indiana.

Tra questi, spicca la figura di Pierre Loti, celebre scrittore e ufficiale di marina francese del XIX secolo, noto per i suoi racconti di viaggio dal tono lirico e decadente. Sebbene “Aziyadé” sia ambientato principalmente a Istanbul, fu in un altro dei suoi testi, L’Inde (sans les Anglais) (1903), che Loti raccontò la sua esperienza a Benares, rivelando il suo sguardo meravigliato e allo stesso tempo disilluso nei confronti dell’India e della sua religiosità.

Viaggiatori storici a Benares

Prima di Loti, molti altri esploratori e viaggiatori avevano visitato la città sacra. Marco Polo, nel XIII secolo, menzionò la regione in termini generici ma affascinati, mentre Ibn Battuta, il grande viaggiatore marocchino del XIV secolo, descrisse con maggiore dettaglio l’India settentrionale, sebbene non sia certo che abbia visitato direttamente Benares.

Nel periodo coloniale, studiosi e orientalisti come William Jones e Alexander Cunningham esplorarono la città con l’occhio del cartografo e dell’archeologo. Tuttavia, furono soprattutto i viaggiatori e scrittori europei alla ricerca di spiritualità e “esotismo” a restituire l’immagine più duratura e mitica di Benares. Nei loro racconti, la città divenne una sorta di ponte tra la realtà e il sacro, tra il mondo tangibile e l’invisibile.

Pierre Loti a Benares

Pierre Loti visitò Benares nel 1899, durante un viaggio che lo portò in India per pochi mesi ma che lo colpì profondamente. In L’Inde (sans les Anglais), l’autore descrive con una prosa visionaria e fortemente sensoriale le giornate trascorse lungo i ghats: l’alba sul Gange, il fumo delle pire funebri, il lento scorrere delle barche, le figure silenziose dei sadhu seduti in meditazione.

Loti si sofferma a lungo sulle cerimonie induiste, affascinato dalla potenza simbolica della cremazione e dal fuoco eterno del Manikarnika Ghat, dove i morti vengono bruciati affinché le loro anime si liberino dal ciclo delle reincarnazioni. I suoi incontri con gli asceti – alcuni nudi, coperti solo di cenere – lo lasciano attonito: tra attrazione mistica e disagio occidentale, descrive quegli uomini come incarnazioni viventi dell’”India eterna”.

Il suo racconto è permeato di un senso di impotenza di fronte alla comprensione dell’Oriente: “Tutto qui sembra ignorare la nostra logica”, scrive, restituendo al lettore europeo un’India che non può essere spiegata, ma solo contemplata.

Il mito di Benares

Benares non è solo un luogo geografico, ma un archetipo mitico. Secondo la tradizione induista, la città fu fondata dal dio Shiva e rappresenta il luogo in cui il ciclo della vita trova compimento. Morire a Benares, e avere le proprie ceneri disperse nel Gange, è considerato il più alto desiderio di ogni fedele: significa ottenere la moksha, la liberazione definitiva.

Ogni giorno, migliaia di pellegrini si immergono nelle acque del fiume per purificare corpo e spirito. I templi, i suoni delle campane, i canti vedici e le fiamme delle offerte creano un’atmosfera sospesa tra il visibile e l’invisibile. Questa sacralità, che si manifesta anche nel caos urbano e nel silenzio degli occhi degli asceti, è ciò che ha reso Benares un centro di attrazione per poeti, mistici, antropologi e viaggiatori.

L’esperienza di Pierre Loti a Benares rappresenta solo uno dei tanti tentativi occidentali di decifrare l’anima dell’India. Nei suoi scritti, si percepisce il fascino di un mondo distante, ma anche l’incapacità di afferrarne pienamente il senso. Come lui, molti altri viaggiatori – da spiritualisti a orientalisti, da artisti a pellegrini – hanno provato a raccontare Benares, lasciando tracce di uno sguardo che oscilla tra meraviglia e smarrimento.

Oggi, a distanza di secoli, Benares continua ad attrarre. I suoi fuochi sacri non si sono spenti, le sue acque continuano a scorrere cariche di fede e di storia. Che si tratti di turisti in cerca di esperienze autentiche, di pellegrini venuti per trovare la salvezza, o di scrittori in cerca di ispirazione, la città rimane una tappa obbligata per chiunque voglia confrontarsi con il mistero del sacro. E con se stesso.