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**Il Cinema come Mandala**

Il cinema, come un mandala, è un cerchio di luce che si apre su mondi invisibili. Ogni fotogramma è un granello di sabbia nell’oceano del tempo, eppure, quando si uniscono, formano un universo. Pierre Loti, nel suo *Il libro della pittrice* (1913), scrive: *«La vita è un sogno, e il cinema è il sogno del sogno»*.

In Oriente, il cinema non è solo intrattenimento, ma un cammino spirituale. Le immagini scivolano come preghiere, i personaggi diventano archetipi, e la narrazione diventa un sutra. Il regista è un monaco che dipinge con la luce, e lo spettatore è un pellegrino che attraversa le stanze del proprio cuore.

In *Fiori d’oro* (1918), Loti ci parla di un Oriente fatto di silenzi e di colori, dove ogni gesto è sacro. Allo stesso modo, il cinema orientale non racconta solo storie, ma medita sul tempo, sulla morte, sulla rinascita. Un film come *Viaggio in Occidente* di Chen Kaige non è solo un’opera, ma un mantra che si ripete all’infinito.

E così, quando lo schermo si spegne, restano solo le ombre. Ma quelle ombre, come le parole di Loti, sono più vere del mondo. Perché il cinema, come la spiritualità, è un ponte tra ciò che vediamo e ciò che siamo.
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